domenica, novembre 07, 2010

Non fate studiare architettura ai vostri figli. Non ne vale la pena.

Tra i tanti post e links che passano giornalmente su facebook e sulla rete in generale a volte, in sordina, ne passano alcuni davvero interessanti. Questo è un brano tratto da "Metropoli per principianti" di Gianni Biondillo. Lo condivido con voi.
Non fate studiare architettura ai vostri figli. Non ne vale la pena.

Vi ritrovereste con dei figli frustrati, incapaci di relazionarsi con il mondo del lavoro: troppo tecnici per gli artisti, troppo artisti per i tecnici, né carne nè pesce, insomma. Se lo fate per il prestigio, meno che meno. Non esiste categoria più bistrattata, sfottuta, derisa: dai padroni di casa, dagli imprenditori edili, dai muratori, dagli ingegneri, dai geometri.
Un icubo.
Tanto ve lo dico subito, il lavoro (di architetto intendo) non lo trova. A meno che non abbiate la pazienza infinita di vederlo leccare i piedi nello studio di qualche affermato professionista per anni. Per dodici-sedici ore al giorno: a tirare linee, a disegnare sempre e solo scale di sicurezza o pozzetti d’ispezione, e tutto gratis o per un ridicolo rimborso spese. Tutto questo per poter mettere sul curriculum, dopo essere stato spremuto come un limone, di aver lavorato per lo stimato professionista. Che non serve a nulla. Perché se si va a fare un colloquio con un altro stimato, stimatissimo professionista, si ritorna nel girone infernale dei pozzetti di ispezione e dei rimborsi spesa ridicoli. E allora si smette di farsi belli di cotanto curriculum e si cerca di tutto; tutto quello che capita diventa ossigeno: e si passa per studi di ingegneria, con i tuoi cugini del Politecnico che ti guardano ridacchiando sotto i baffi, trattandoti come una burba in una caserma punitiva o, peggio, per sperduti uffici di geometri specializzati in pratiche catastali. Che ti chiedono, come al solito, dato che te lo chiedono da anni: “ma sei un architetto di interni o di esterni?”
E tu che proprio non sai rispondere, perché la domanda è assolutamente incomprensibile: dal cucchiaio alla città, ti avevano insegnato in facoltà. L’architetto si occupa di tutto, dal cucchiaio alla città, come si può pensare che uno si fermi agli interni e che un altro si occupi degli esterni? Ma l’architettura non era il gioco sapiente dei volumi sotto la luce del sole? Non era una totalità inscindibile?

Vivo in Italia, nel paese col più alto numero di laureati in architettura d’Europa e col più basso numero di opere edili progettate da architetti, ed ho una vita sola.
Voglio sposarmi, avere dei figli, non posso aspettare per tutta la vita. Il mio diploma di laurea è appeso nel cesso.
Eccomi Italia. Fa di me quello che vuoi.

Gregotti aveva ragione: in Italia l’architettura non è una disciplina meritocratica. Fare architettura è innanzi tutto un privilegio di casta. Non dico che gli architetti italiani famosi nel mondo non siano bravi: alcuni di loro sono di levatura internazionale di qualità eccelsa, almeno un paio sfiorano il geniale. Solo che, semplicemente, a loro è stato permesso di dimostrarlo. Ma che ne è di tutti quelli che a parità creativa non riusciranno nemmeno a fare una villetta in campagna? Che né è di quelli che, dopo anni a disbrigare le pratiche accademiche dei loro baroni, esasperati da quindi anni di precariato intellettuale, mollano tutto e vanno a fare i tecnici comunali?

Se insistete e davvero volete iscrivere i vostri virgulti in quelle bolge dantesche che sono le facoltà di architettura italiane, bè, allora fatelo! Ma fatelo davvero. Perché in fondo, se non siete i genitori ricchi consigliati da Gregotti e se nulla programmate di concreto per il futuro dei vostri figli e siete fervidi credenti nella provvidenza divina, di certo state facendo frequentare loro la più bella delle facoltà universitarie, la più stimolante, la più variegata. Perché l’architettura è una disciplina che si pone in un crocevia dove soffia da una parte il vento della cultura umanistica e dall’altra quello della cultura scientifica e dell’innovazione. Perchè un architetto deve sapere di tecnologia, di sociologia, di storia dell’arte, di restauro, di tecnica delle costruzioni, di estetica, di urbanistica, di composizione. Perché è l’ultima disciplina ancora perfettamente rinascimentale, dove tutto rimanda ad un tutto. Di quelli che si laureano pochi faranno la professione, ma tutti sapranno trovarsi un lavoro, qualunque lavoro. Perché la disciplina dell’architettura prevede una flessibilità mentale, una capacità di adattamento alle situazioni, un senso di progetto, che servono a prescindere dal lavoro che stai facendo. […] L’altro grande dono che ti da è lo sguardo. La capacità di interpretare lo spazio, di dialogare con le forme, di comprendere il potenziale iconografico del reale e del virtuale.
Quindi, massì, mandatelo pure vostro figlio a studiare architettura. Fatelo. Impegnatevi a pagare le tasse, il posto letto proibitivo se abitate fuori sede, le copie, le fotocopie, i libri, i programmi cad, le attrezzature, tutto. Fatelo laureare.
Poi però mandatelo all’estero. Che qui non c’è speranza.

Tratto da "Metropoli per principianti" di Gianni Biondillo (architetto e scrittore)
via: flickr

venerdì, agosto 06, 2010

Sospeso in un istante del Tempo che fugge

Tempus fugit et avidissimos sui deserit.
Nec quod futurum est meum est nec quod fuit.
In puncto fugientis temporis pendeo
et magni est modicum fuisse.
(Seneca)

domenica, luglio 18, 2010

Totus mundus agit histrionem

Il mondo è tutto un palcoscenico,
e uomini e donne, tutti, sono attori;
hanno proprie uscite e proprie entrate;
nella vita un uomo interpreta più parti, ché gli atti
sono le sette età.
Primo, il bambino sbava e piange in braccio alla nutrice,
poi lo scolaro,
piagnucoloso, con la sua cartella
e il volto infreddolito dal mattino,
che si trascina svogliato, come una lumaca,
verso la scuola; e poi l’amante: sospira
come una fornace la ballata triste
composta per il sopracciglio dell’amata; e poi
il soldato, pieno di strampalate imprecazioni,
baffuto come un gattopardo, geloso dell’onore,
impulsivo e pronto al litigio, sempre alla ricerca,
anche nella bocca del cannone, d’una reputazione
da quattro soldi; e poi il giudice, pancia rotonda,
piena di bei capponi, occhio severo, e rasatura
a dovere, saggio acume, pedanteria aggiornata,
recita la sua parte; la sesta età ti trasforma
in un debole pantalone in ciabatte,
le lenti al naso e una borsa al fianco,
calzoni d’un tempo ancora conservati,
un mondo troppo largo per le sue gambe rinsecchite,
e la voce, da maschi, di nuovo ridotta
al falsetto infantile: striduli fischi
dal suono incrinato; l’ultima scena, infine,
a conclusione di questa varia strana storia,
è una seconda infanzia, puro oblio,
senza denti, occhi, gusto, senza niente.

Jacques
“Come A VOI piace” (As You Like It)
II.VII
William Shakespeare

giovedì, agosto 28, 2008

_ Mutare

Perché ciò che ci salverà non sarà mai quel che abbiamo tenuto al riparo dai tempi, ma ciò che abbiamo lasciato mutare perché ridiventasse se stesso in un tempo nuovo.

( A. Baricco - I barbari )

martedì, agosto 26, 2008

_ Il tuo cuore lo porto con me

Il tuo cuore lo porto con me
Lo porto nel mio
Non me ne divido mai.
Dove vado io, vieni anche tu, mia amata;
qualsiasi cosa sia fatta da me, la fai anche tu, mia cara.
Non temo il fatoperchè il mio fato sei tu, mia dolce.
Non voglio il mondo, perchè il mio,
il più bello, il più vero sei tu.
Questo è il nostro segreto profondo
radice di tutte le radici
germoglio di tutti i germogli
e cielo dei cieli
di un albero chiamato vita,che cresce più alto
di quanto l'anima spera,e la mente nasconde.,
Questa è la meraviglia che le stelle separa.
Il tuo cuore lo porto con me,
lo porto nel mio.

(Edward Estlin Cummings)

domenica, dicembre 09, 2007

_ ... stessa stoffa

"siamo della stessa stoffa di cui sono fatti i sogni e la nostra piccola vita è circondata da un sonno. [...] e noi tutti ritrovammo noi stessi, quando ognuno di se non era più padrone."

(da La Tempesta W.Shakespeare)



_ www.freerice.com

"
Free rice è una iniziativa particolare, una specie di quiz benefico dove si vincono chicci di riso che l’Onu consegnerà ai paesi che soffrono la fame.
Come funziona ? Gli sponsor presenti sul sito pagano Free Rice per ogni risposta esatta che date. Si tratta di un quiz dove bisogna indovinare il significato di una parola proposta tra le 4 opzioni presenti. Più risposte corrette date, più il livello del quiz diventa difficile. Se sbagliate il livello scende leggermente e potete continuare a giocare per risalire di livello." (fonte: www.garethjax.net)
Le domande sono tutte in inglese quindi in realtà giocando non farete altro che mettere alla prova la vostra abilità con questa lingua e se proprio di inglese non ne masticate affatto, non c'è problema: le risposte sbagliate non sortiscono alcun effetto e nessuno vi vieta di tirare a indovinare!